venerdì 20 aprile 2012

MODE KING


Il meraviglioso mondo della moda, forse in realtà non è poi così tale se lo devi seguire per lavoro dall’esterno-interno. Ho sempre pensato che assistere alle sfilate fosse un’esperienza meravigliosa, qualunque sia il tuo ruolo. Ma dopo aver letto “Alla corte di re Moda” (di Daniela Fedi e Lucia Serlenga - Salani Editore), qualche perplessità mi è venuta.
Le due giornaliste, specializzate nel settore, svelano i retroscena di un lavoro sicuramente fantastico, ma che fa pagare il suo prezzo! Seguire le varie fashion weeks per una giornalista (se ne parla al femminile perché costituiscono la maggioranza) di moda significa formare una pausa nella propria vita, immergersi nel regno del fashion system per eccellenza e non pensare ad altro se non alle varie passerelle da analizzare (principalmente perché il tempo rimanente sarebbe giusto qualche ora notturna e sarebbe meglio spendere questi momenti per riposare un po’, dormire significherebbe averne troppo a disposizione e la cosa non rappresenta la realtà dei fatti). Tutto questo per almeno tre- quattro settimane, quattro volte l’anno, per gli appuntamenti “irrinunciabili” quali: New York, Londra, Milano e Parigi, se poi si considerano anche i rendez-vous di ultima generazione di Barcellona e Madrid, São Paulo di Brazil, Los Angeles e Las Vegas, Pechino, Tokyo, Hong Kong, Mosca e non dimentichiamoci dell’Islanda, il tutto viene moltiplicato per…fate voi in conto che io l’ho già perso! Durante le varie settimane della moda le penne dell’editoria patinata devono correre da un defilé all’altro, dall’alba al tramonto, considerando anche gli eventi pre e post sfilata, indispensabili per restare sempre aggiornati sulle ultime novità dell’ambiente, elemento essenziale per questo mestiere. Non  bisogna trascurare il fatto che le giornaliste devono seguire le sfilate in modo attivo, quindi il loro compito non consiste solo nel considerare belli- brutti i capi appena visti, ma devono riconoscerne la qualità dei tessuti e delle lavorazioni, la scelta dei colori, e cosa principale, carpire il messaggio che lo stilista ha voluto mandare. Quest’ultimo passaggio viene poi chiarito per bene nelle interviste, solitamente nei back-stage subito dopo i fashion-shows, dove il desiner ha modo di descrivere in prima persona, e sta volta con le parole, la sua collezione e quello che esattamente voleva trasmettere. Non tralasciamo neanche l’aspetto dell’alimentazione: pare che durante questi giorni anche il tempo per cibarsi in qualche modo non sia propriamente disponibile, l’unico modo è approfittarne durante qualche buffet, che, con la mania del finger food, “che è tanto piccolo da poter essere preso con le dita”, si saziano i fianchi ma mai lo stomaco. Vogliamo parlare della borsa- valigia che bisogna portarsi dietro? nella quale deve starci tutto il materiale per lavorare fuori sede, non dimentichiamoci che i pezzi hanno una tempistica da rispettare e, magari se ci sta, anche qualche oggetto personale per affrontare l’intero arco della giornata. Secondo le autrici “si potrebbe scrivere un libro intero sulle borse che vengono portate alle sfilate per motivi vari ed eventuali ma spesso diversi dalla reale utilità”. Come le due giornaliste sottolineano, “in miniera è peggio, anche se lì non bisogna portare i tacchi alti”. L’aspetto entusiasmante del libro è che le due giornaliste affrontano l’argomento con un linguaggio semplice, scorrevole, divertente, che ti fa appassionare alla storia e non vorresti mai smettere di leggere. Per quanto il libro non sia di grosse dimensioni, si legge in breve tempo, e una volta finito vorresti subito il seguito. Perché le autrici trattano tutte le figure dell’editoria modaiola, soffermandosi sui personaggi principali dell’ambiente sia a livello globale, che nazionale. Svelando curiosità che tutti vorremmo sapere ma che in realtà non si ha mai il coraggio di chiedere, perché mostrare interesse verso certi argomenti fa troppo “casalinga da gossip” e il mondo della moda snobba queste figure, che in realtà rappresentano un po’ tutti noi comuni mortali in cerca di qualche piccola notizia che faccia sembrare certi personaggi un po’ più persone. Tipo, lo sapevate che Carine Roitfeld, storica direttrice di Vogue Paris, tutte le mattine fa un’ora di pilates ma neanche un ritocchino per combattere i segni del tempo? (madame non potrebbe sopportare che si possa vedere qualche eventuale “cicatrice”, quindi meglio risolvere il problema a monte). Inoltre, nonostante la sua sfavillante carriera, quello di cui va più fiera sono i suoi “bambini” che conducono una vita tranquilla e dopo tanti anni essere ancora molto innamorata del padre degli stessi. O che Anna Wintour, Vogue Usa, non vede di buon occhio le persone sovrappeso se non il suo fido collaboratore Andrè Leon Talley che nonostante la taglia abbondante veste in modo assolutamente originale e molto glamour (l’unico uomo al mondo che si fa fare le giacche da Chanel). Oppure ancora, la nostra Franca Sozzani, rappresentante di Vogue Italia, riesce a resistere al grande impegno che il suo lavoro le richiede grazie a piccoli pisolini fatti durante gli spostamenti in macchina. Ma il libro non affronta soltanto le autoritarie direttrici della Codè Nast, che sicuramente sono le più importanti del settore, parla anche delle firme più celebri devi vari quotidiani, le fashion editor, i caporedattori moda e le stylist. Prima fra tutte Suzy Merkes, giornalista dell’International Herald Tribune, la più rispettata dagli stilisti e addetti ai lavori e quindi la più temuta, per la sua obiettività nel recensire le collezioni e, come Franca Sozzani ha precisato “si è creata un personaggio unicamente per quello che scrive. Gli altri si fanno valere per quello che sono e non per i loro articoli. Fanno di tutto per mettersi in mostra [..]. Di gente molto fedele a se stessa c’è solo Suzy, e non perché è una signora con la banana in testa ma perché è brava, professionale e non se la tira. A dispetto di molte altre che invece se la tirano tantissimo”. Non è un caso che Miss Merkes, sia una delle pochissime del settore dall’aspetto non proprio charment, che veste in modo comodo, ma nonostante questo sieda sempre in prima fila. Sul fronte italiano troviamo le “signorine buonamoda”, definite anche “le televive”, una per ogni rete della rai: Paola Cacianti per Rai uno, Mariella Milani al tg2 e Rosanna Cancellieri per la terza rete della televisione pubblica. Le tre signore sono state capaci di affrontare al meglio la moda in televisione, cosa non semplicissima. Il mezzo di comunicazione più diffuso non sposa le sfilate, che appaiono quasi noiose. È necessario un grande lavoro di montaggio, tra interviste e back-stage, per avere un buon livello di audience. Che la moda sia passata prima nelle reti pubbliche non è un caso per la Giornalista del tg1 “la televisione privata si chiama commerciale […] e visto che la moda per il momento non fa molto investimenti pubblicitari, non le vengono concessi grandi spazi […]. Invece per il servizio pubblico la considerazione è un’altra: cosa rappresenta la moda per l’economia italiana? Una voce estremamente significativa. Inevitabile quindi tenerne conto”.
 Il libro svela pregi e difetti dei principali protagonisti dell’ambiente, svelando qualche mala lingua ma non smettendo mai di sottolineare che il grande impegno, lavoro e dedizione sono stati gli strumenti principali per arrivare a certi livelli, nonché qualche dote personale. Ma il successo comporta qualche rinuncia. Anche Anna dello Russo, stylist di grande fama, una delle poche italiane ad essere riconosciute e stimate nel mondo, conferma questo concetto: “per stare in questo settore devi fare qualche sacrificio. Impari, per esempio, a considerare la forma fisica una necessità [..] se cedi alla stanchezza e ti infili le pantofole, rischi tutto. […] Costa caro, ma ne vale la pena”. Come darle torto? I guadagni sono altissimi, lo stile di vita è a cinque stelle, e si ha sempre a disposizione uno staff di persone. Ovviamente si parla dei massimi livelli, perché la folta schiera di “semplici” giornaliste, assistenti, assistenti delle assistenti si beccano il “lavoro sporco” (vedi inizio). È il così detto prezzo del potere, che, come tutti i campi, tocca anche la moda, ma, almeno per una volta, le più potenti del settore sono principalmente delle donne. Il potere di queste diavolesse, che ogni tanto effettivamente vestono Prada, è enorme tanto da incidere (e non solamente in modo positivo) nella carriera di stilisti, desiner, modelle, fotografi e naturalmente “giornaliste vecchia maniera”. Sono donne che, come pretendono tanto da loro stesse, allo stesso modo esigono da tutti i loro collaboratori. La loro firma è riconoscibile (basti pensare a Vogue Paris prima di Carine Roitfeld). Queste signore (esistono anche signori ma almeno su un campo il gentil sesso va per la maggiore) sono circondate da uno staff che anche fisicamente le ricorda molto. Ma se c’è una cosa in cui queste “papesse” sembrano essere fuori dal comune, per le voci che girano sul loro conto, è la vena materna. Quindi il cuore di mamma vince anche nei gironi dell’inferno. Nonostante non abbiamo mai abbandonato la carriera durante la gravidanza, queste super mamme si sono prese cura dei loro pargoli. Pare che il primo italiano a firmare la copertina di Vogue Italia, dopo diciotto anni, fosse un giovane fotografo venticinquenne: l’unico figlio della direttrice, tanto per dirne una. La Signora precisa “sono stronza con gli stronzi”, forse il filgio è di animo gentile. O la piccola Julia, figlia di Carine, che in giovanissima età, è stata fotografata da un “tale” Mario Testino, per un servizio su Vogue Bambini. Mentre le due scrittrici una volta, nel back stage alla fine di una sfilata, hanno sorpreso la “temuta” Merkes fotografare un bouquet, pensando di poter aiutare il filgio nella scelta delle composizioni floreali per il matrimonio.
Insomma per sfondare in questo settore ci vuole tanto impegno, tantissima esperienza iniziando dalla gavetta più bassa, una resistenza alla fatica da supereroi, essere pronti ad essere trattati nel peggiore dei modi per pretendere più del massimo e non considerarlo come un mestiere che dopo otto ore d’ufficio puoi tornare a casa e pensare alla cena. La moda diventa il tuo mondo, o meglio lo è. Perché altra caratteristica, non meno importante, è avere la passione. Una grande, smisurata, mastodontica passione per la moda.




2 commenti:

  1. In bocca al lupo!
    Per un nuovo inizio che possa far volgere il tuo destino esattamente nella direzione che desideri.............
    un bacio mamma

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    1. E con tanta emozione che sento dentro dico CREPIIIIII!!!!

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