giovedì 19 aprile 2012

FASHION MARKETING



Che la moda non fosse solo abbinamento di colori e tessuti particolari l’avevo capito già da un po’, ma che fosse un vero e proprio sistema, costituito da un percorso particolare, dove ogni passo non viene fatto per caso e segue una “disciplina” peculiare, non mi era altrettanto chiaro. Leggere “Le imprese del sistema moda” (di Stefania Saviolo e Salvo Testa - Rizzoli Etas) mi ha svelato l’intero percorso che si cela dietro la grande industria della moda.
Il libro non tralascia neanche un dettaglio: dalla scelta della stoffa, alla scelta del colore, dalle collezioni che vediamo sfilare nelle passerelle, alle campagne pubblicitarie. Il libro chiarisce innanzitutto il significo della parola, spiegando che è molto difficile darne un’interpretazione esauriente vista la vastità degli argomenti che il termine racchiude. La moda è sicuramente un’usanza, un’abitudine, un criterio che rappresenta un “orientamento individuale” che si rapporta con l’intera società, ha assunto sempre di più una “dimensione estetica” arrivando ad essere un modo per comunicare la propria personalità. Quello che si evince subito dal libro è che una casa di moda per avere successo deve fondere l’anima stilistica, quella più passionale, con l’anima razionale delle logiche di mercato. Questa fusione è il frutto di una stretta collaborazione tra lo stilista (il desiner) che esprime se stesso attraverso le proprie creazioni stilistiche, e il manager che cerca di comprendere le logiche di mercato e il modo migliore per lanciare una nuova collezione. Gestire la creatività è una faccenda alquanto complicata ma necessaria, tant’è che il libro dedica un intero capitolo all’argomento. È notevole quante personalità importanti nella storia della moda, siano state affiancate da persone con un animo più razionale, il cosiddetto  manager” (Yves Saint Laurent, Giorgio Armani, Gianni Versace). Relazione fondamentale anche per sviluppare il prodotto e lanciarlo sul mercato, dove si convergono le componenti estetiche con quelle economiche e competitive. Le imprese di moda compiono una continua ricerca in cui stagione per stagione si individuano gli elementi di novità e i contenuti di rinnovamento, nel rispetto, però, “dell’identità stilistica permanente”. Ma la ricerca deve portare anche all’equilibrio tra le due componenti fondamentali del sistema: le scelte strategiche di posizionamento di mercato con quelle stilistiche da una parte, e una continua evoluzione delle proposte al consumatore finale dall’altra. Qualche difficoltà si è avuta con i marchi che, dopo la morte dei fondatori, si sono avvalsi di direttori creativi, con il compito di portare avanti l’immagine stilistica della griffe. Queste persone, esterne alla famiglia, non sempre hanno saputo carpire lo stile di base del marchio che rappresentano (si pensi a John Galliano quando ricopriva il ruolo di direttore creativo per Dior). Il libro, inoltre, attraverso un percorso storico, descrive la nascita dei brand più noti a livello globale, dal jeans Levi’s (tessuto molto resistente di origine francese, orientato inizialmente per la costruzione di tende durante la famosa “corsa dell’oro”), allo sporty-chic di Nike.
 La vera haute couture nasce in Francia e veste le regnanti di tutta Europa e le dame altolocate, mentre in Italia si sviluppa il “prêt-à-porter”, una moda più semplice seppur di ottima qualità, ma specialmente più accessibile e che ricopre le varie fasce della popolazione. Successivamente, questo nuovo concetto influenza anche il panorama americano e, nella “swinging london”, con “la rivoluzionaria minigonna di Mary Quant”, esplode l’abbigliamento informale sposato ben presto dalle nuove generazioni. Intorno agli anni ’80 si consolida quell’antagonismo tipico tra l’Italia e la Francia, che caratterizza i due paesi su tutti i fronti, e in particolare le città Milano e Parigi per accaparrarsi il ruolo di “capitale mondiale della moda”.
Una voce di fatturato molto importante, nelle aziende, è quella della filiera. L’individuazione dei tessuti e la loro acquisizione è una caratterista che gli stilisti curano con molta attenzione, dal colore alle fibre, dal filato alla trama grezza e via via le varie lavorazioni che portano alla creazione del tessuto vero e proprio su cui poi lavorare, senza dimenticare la mano (la sensazione che la stoffa da al tatto). Nel nostro paese ci sono delle industrie che si occupano solo di questo e che forniscono le case di moda, ma non solo italiane. Il tessile italiano, per la sua qualità e ricercatezza è molto amato dai tedeschi, americani e, ebbene si, dai nostri “rivali” francesi, in particolar modo i grandi marchi del lusso (Chanel, Christian Dior, Louis Vuitton), che hanno stipulato dei contratti di licenza con le imprese tessili per sfruttarne al meglio i vantaggi. Le risorse produttive italiane rappresentano un grande interesse per i gruppo esteri, infatti non sono un caso le “guerre finanziarie” per accaparrarsi le griffe italiane (una delle più celebri la joint venture tra il gruppo francese LVMH e Prada per il controllo di Fendi). Bisogna poi distinguere i brand dalle griffe, le maison dai marchi e l’haute couture dalle aziende low cost.
Importanti nel settore sono sicuramente gli opinion leaders, personaggi dotati di una certa influenza che percepiscono con anticipo certe tendenze e riescono poi ad influenzare l’intera società, creando una vera e propria  “moda”, non a caso queste personalità sono molto “corteggiate” dagli stilisti e dagli uffici stampa.
Tutto questo dimostra che la Moda non è solo sapersi vestire all’ultimo grido, altrimenti non si spiegherebbe come mai occupi la seconda voce dell’economia italiana (la prima è il turismo). Vestirsi in un certo modo, piuttosto che un altro, fa emergere la nostra personalità. Anche le persone più trasandate mostrano, con il modo di vestirsi, una parte del loro carattere. In un mondo sempre più concentrato sull’apparenza e sull’immagine, un abbigliamento corretto all’occasione è sempre più richiesto e averlo comporta un continuo investimento in questo settore. Va da se che questa usanza ha costituito, nel corso degli anni,  l’impero colossale della moda. Anche i capi acquistati nei mercatini o sulla strada spesso provengono da un’imitazione delle collezioni, frutto di una grande ricerca. Perché può essere anche vero che l’apparenza sia diversa dalla realtà, ma l’abito fa sicuramente il monaco, eccome se lo fa!






4 commenti:

  1. fermarti sarà impresa assai difficile ,,,,,,,,,ma sono sicurissimo che arriverai al tuo obbiettivo e alla meta che ti sei prefissata,, ma tuuto ti e più semplice perchè e il tuo mondo quello che vivi giornalmente......iggnn

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    1. Detto da te, che mi conosci bene, non può che farmi più che piacere..!

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  2. confermo quanto scritto ieri........... scrivere sulla moda è il tuo mestiere. Fai appassionare chi ti legge, si vede che è il tuo pane quotidiano dalla dedizione che ci metti. Bravaaaaaaaa!!!!!!!!
    c.b.

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